Avellino – Per la Sinistra è finito il tempo delle comode scorciatoie politichesi e si apre l’ora della riflessione. Un partito “inadeguato” così come è stato definito questa sera nella pubblica assemblea a cui ha preso parte il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola. Una sconfitta, quella della Sinistra che interroga l’Italia come il resto dell’Europa ma che, nonostante tutto, non ha cancellato la determinazione di chi si dice ancora pronto a camminare. Tanto per cominciare bocciata a pieno titolo la campagna elettorale definita “priva di contenuti”. Ma soprattutto è stato il passato ad influire in modo forse negativo sulle sorti dell’attuale assetto governativo. “Nel nostro passato non ci sono le risposte alle domande del futuro. Ed è solo nel futuro e non alle spalle che è possibile trovare i segnali che riconducono ad una Sinistra Unita”.
Ma la sconfitta si fa portatrice di un elemento positivo: "la condizione di assoluta libertà".
“Non c’è nessun vincolo – ha spiegato il leader del Prc – se non quello di solidarietà che ci spinge a capire le ragioni di quanto è accaduto”. Un lungo excursus che si concentra su due fattori: la più grande sconfitta della storia – “quella registrata dalla sinistra tra il ‘20 e il ‘30” – e il più grande sconfitto – “Antonio Gramsci”- da cui Vendola assorbe una analisi che oggi dimostra la sua grande attualità. “Nel suo partito subisce l’isolamento, viene processato dai propugnatori
della sua stessa linea ma ha dalla sua parte una lucidità critica ineguagliabile: indaga sulla sconfitta guardandola in profondità”.
“Non c’è auto-mitizzazione nell’accettare la sconfitta. Io governo una Regione difficile che insieme alla Campania fa registrare il massimo grado di contraddittorietà. Picchi di arretratezza feudale e picchi di post modernità. La mia storia politica – durata 38 anni – è cominciata e continua per strada. Nelle fabbriche, nelle carceri, tra la gente…
Non si può chiedere a nessuno di scindere il politico dal sociale. Se si dividono c’è solo sciagura”. Per questo non si può chiedere alla sinistra del post sconfitta di operare solo nel sociale ma senz’altro partendo da questo “si devono
costruire i canali di scorrimento di dialogo tra le istituzioni e i cittadini”. Ricostruire barriere democratiche, ricostruire un fiume di democrazia in una società in cui si è tornati alle barbarie: questo il fine ultimo di Vedola e del partito, “un intellettuale collettivo che nel tempo sarà in grado di capire le ragioni della sconfitta”.
Ma le richieste avanzate alla sinistra appaiono contraddittorie: “Ci chiedono di essere unitari e di non rompere e contestualmente vogliono da noi il cambiamento. Se non ce la fai ti bastonano”.
Forte autocritica ma anche difesa ad oltranza: “L’ho detto più volte, l’Arcobaleno è stato un gaffe… probabilmente. Io ho sempre condiviso le idee di Bertinotti, soprattutto in merito al rischio della scomparsa della sinistra politica. Chi ha tanta lucidità politica da uscire di scena prendendosi la responsabilità di guidare un’avventura precaria è un generoso. Avremmo dovuto ringrazialo. Lo abbiamo processato”.
www.irpinianews.it
Ma la sconfitta si fa portatrice di un elemento positivo: "la condizione di assoluta libertà".
“Non c’è nessun vincolo – ha spiegato il leader del Prc – se non quello di solidarietà che ci spinge a capire le ragioni di quanto è accaduto”. Un lungo excursus che si concentra su due fattori: la più grande sconfitta della storia – “quella registrata dalla sinistra tra il ‘20 e il ‘30” – e il più grande sconfitto – “Antonio Gramsci”- da cui Vendola assorbe una analisi che oggi dimostra la sua grande attualità. “Nel suo partito subisce l’isolamento, viene processato dai propugnatori
della sua stessa linea ma ha dalla sua parte una lucidità critica ineguagliabile: indaga sulla sconfitta guardandola in profondità”.
“Non c’è auto-mitizzazione nell’accettare la sconfitta. Io governo una Regione difficile che insieme alla Campania fa registrare il massimo grado di contraddittorietà. Picchi di arretratezza feudale e picchi di post modernità. La mia storia politica – durata 38 anni – è cominciata e continua per strada. Nelle fabbriche, nelle carceri, tra la gente…
Non si può chiedere a nessuno di scindere il politico dal sociale. Se si dividono c’è solo sciagura”. Per questo non si può chiedere alla sinistra del post sconfitta di operare solo nel sociale ma senz’altro partendo da questo “si devono
costruire i canali di scorrimento di dialogo tra le istituzioni e i cittadini”. Ricostruire barriere democratiche, ricostruire un fiume di democrazia in una società in cui si è tornati alle barbarie: questo il fine ultimo di Vedola e del partito, “un intellettuale collettivo che nel tempo sarà in grado di capire le ragioni della sconfitta”.
Ma le richieste avanzate alla sinistra appaiono contraddittorie: “Ci chiedono di essere unitari e di non rompere e contestualmente vogliono da noi il cambiamento. Se non ce la fai ti bastonano”.
Forte autocritica ma anche difesa ad oltranza: “L’ho detto più volte, l’Arcobaleno è stato un gaffe… probabilmente. Io ho sempre condiviso le idee di Bertinotti, soprattutto in merito al rischio della scomparsa della sinistra politica. Chi ha tanta lucidità politica da uscire di scena prendendosi la responsabilità di guidare un’avventura precaria è un generoso. Avremmo dovuto ringrazialo. Lo abbiamo processato”.
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